Tutto normale, tutto consueto
con l’unica aggiunta del divieto.
Papà non viene più davanti a scuola
ed è una pace che non mi consola.
La mamma è stata via 15 giorni
così si son corrosi anche i contorni
di quello che per noi era normale
anche se poi la mamma stava male.
Quando è tornata per portarci via
il babbo ha detto “via da casa mia”.
Io l’ho seguita, mio fratello no
e adesso non ci parlo da un bel po’.
Mi manca, più del babbo sempre assente.
Sul resto non riesco a dirti niente.
Io metto tra me e il mondo questo velo
e tutte le emozioni le congelo.
Per questo non cercarmi ancora gli occhi.
Non voglio che la verità mi tocchi.
È meglio che mi trovi arrugginita
il soffio irriverente della vita.
La filastrocca appartiene a un gruppo di "Filastrocche del giorno dopo", riferite a una identica situazione. Nelle prime due parlano i due figli, il ragazzo e la ragazza; nella terza, la madre.
Questo il testo introduttivo:
Lui ossessivamente geloso, lei indipendente. Lui con poche relazioni, lei capace nei rapporti di amicizia e lavoro. Lui manesco lei passiva per molti anni e poi non più. All’atto di separarsi, i loro figli si dividono, il primo col papà, gli altri (maschi e femmine) con la mamma. In udienza ascolto i due più grandi, alleati lui con lui, lei con lei.
Le filastrocche giudiziarie
I tribunali per i minorenni prendono ogni giorno decisioni difficili. Scelte delicate, suscettibili certo di errore ma orientate ogni volta sulla valutazione dei rischi e dei danni che un minore patisce, molto spesso per mano degli adulti a lui più vicini vale a dire i suoi genitori e i familiari più stretti.
Negli ultimi anni una retorica mielosa e in bianco e nero ha raccontato storie dove i buoni erano ben distinti dai cattivi e dove la conclusione era invariabilmente una sola: i bambini e i ragazzi devono crescere con i loro genitori. Con loro, chiunque essi siano e comunque si comportino.
Ogni altro intervento, anche quando è temporaneo e di stimolo al cambiamento per giungere a relazioni familiari più serene, viene presentato come crudeltà, come ingiustizia. Avrebbe, ciascun genitore, il diritto di fare dei propri figli tutto ciò che vuole - e di evitare il dolore, per sé e per il bambino. Piuttosto la perversione, il maltrattamento, l'incertezza endemica. Tutto sembra meglio della sofferenza che sta dentro alla crisi e alla necessità di cambiare.
Il cinismo infantile dell'autrice che racconta scelte giudiziarie estreme, eppure ordinarie nelle aula dei tribunali per i minorenni, è uno sberleffo a questa logica e un modo per affermare una volta di più che i bambini e i ragazzi sono persone. Non proprietà, non appendici degli adulti ma persone, soggetti di diritto, nei cui panni occorre provare a mettersi e che è opportuno disporsi ad ascoltare in ogni singola e distinta decisione che riguardi da vicino la loro vita.
Le precedenti filastrocche