Non ha mai sopportato
che imparassi un mestiere
né che avessi già amato
e potessi avere
un vissuto da donna.
E così sul mio conto
è scesa la condanna.
Il passato, un affronto.
Mi diceva “ti ho visto
sorridevi a un cliente”.
Io l’avevo previsto
prima o poi un incidente.
Difatti il principale
ha avuto paura.
Si è voluto eclissare
e, per me, una congiura.
Senza soldi né aiuto
senza più desideri
ero dentro a un imbuto
e perfino i pensieri
uscivano ammaccati
e i figli, anche loro
sempre più spaventati
sembravano un tesoro
ma un tesoro sepolto
che non poteva brillare.
Non trovavano ascolto
né li sapevo guidare.
Mamma di poca voce
mi han creduta perdente.
Fissata alla mia croce
non valevo più niente.
Adesso ricomincio
e mi batto senza posa.
Ci parlo, li sbircio
provo a contare qualcosa.
La filastrocca appartiene a un gruppo di "Filastrocche del giorno dopo", riferite a una identica situazione. Nelle prime due parlano i due figli, il ragazzo e la ragazza; nella terza, la madre.
Questo il testo introduttivo:
Lui ossessivamente geloso, lei indipendente. Lui con poche relazioni, lei capace nei rapporti di amicizia e lavoro. Lui manesco lei passiva per molti anni e poi non più. All’atto di separarsi, i loro figli si dividono, il primo col papà, gli altri (maschi e femmine) con la mamma. In udienza ascolto i due più grandi, alleati lui con lui, lei con lei.
Le filastrocche giudiziarie
I tribunali per i minorenni prendono ogni giorno decisioni difficili. Scelte delicate, suscettibili certo di errore ma orientate ogni volta sulla valutazione dei rischi e dei danni che un minore patisce, molto spesso per mano degli adulti a lui più vicini vale a dire i suoi genitori e i familiari più stretti.
Negli ultimi anni una retorica mielosa e in bianco e nero ha raccontato storie dove i buoni erano ben distinti dai cattivi e dove la conclusione era invariabilmente una sola: i bambini e i ragazzi devono crescere con i loro genitori. Con loro, chiunque essi siano e comunque si comportino.
Ogni altro intervento, anche quando è temporaneo e di stimolo al cambiamento per giungere a relazioni familiari più serene, viene presentato come crudeltà, come ingiustizia. Avrebbe, ciascun genitore, il diritto di fare dei propri figli tutto ciò che vuole - e di evitare il dolore, per sé e per il bambino. Piuttosto la perversione, il maltrattamento, l'incertezza endemica. Tutto sembra meglio della sofferenza che sta dentro alla crisi e alla necessità di cambiare.
Il cinismo infantile dell'autrice che racconta scelte giudiziarie estreme, eppure ordinarie nelle aula dei tribunali per i minorenni, è uno sberleffo a questa logica e un modo per affermare una volta di più che i bambini e i ragazzi sono persone. Non proprietà, non appendici degli adulti ma persone, soggetti di diritto, nei cui panni occorre provare a mettersi e che è opportuno disporsi ad ascoltare in ogni singola e distinta decisione che riguardi da vicino la loro vita.
Le precedenti filastrocche