Sono il bimbo eccedente
sono il troppo che stroppia
il diverso infamante
nel quartiere che scoppia.
Sono io il bimbo in più
non mi vuoi alla tua mensa
non sono Belzebù
ma c'è chi lo pensa.
Papà lavora molto
e lo pagano poco
nessuno gli dà ascolto
se ne prendono gioco
tanto è senza documenti
la sua parola non vale
non denuncia i violenti
non si cura se sta male.
Sono io quel bambino
che ha rubato il tuo posto
l'hai detto sul pulmino
e io non ho risposto
ma ho sentito, perbacco
c'era di mezzo mio padre
ci hai messo sotto attacco
ormai siamo due squadre.
Si dice palla al centro
ma il gioco è sbilanciato
perché voi siete dentro
io resto appiccicato
a una specie di relitto
che anche dopo il mare
mi sussurra il diritto
di non affogare.
Non sono un cittadino
neanche da pensarci
però sono un bambino
e qui vorrei starci.
Meno male che ho un banco
dove imparo a contare
e quando sono stanco
mi scopro a sommare
l'elenco delle offerte
che non erano per me.
Gioco a carte scoperte
e dico, attento a te.
Le filastrocche giudiziarie
I tribunali per i minorenni prendono ogni giorno decisioni difficili. Scelte delicate, suscettibili certo di errore ma orientate ogni volta sulla valutazione dei rischi e dei danni che un minore patisce, molto spesso per mano degli adulti a lui più vicini vale a dire i suoi genitori e i familiari più stretti.
Negli ultimi anni una retorica mielosa e in bianco e nero ha raccontato storie dove i buoni erano ben distinti dai cattivi e dove la conclusione era invariabilmente una sola: i bambini e i ragazzi devono crescere con i loro genitori. Con loro, chiunque essi siano e comunque si comportino.
Ogni altro intervento, anche quando è temporaneo e di stimolo al cambiamento per giungere a relazioni familiari più serene, viene presentato come crudeltà, come ingiustizia. Avrebbe, ciascun genitore, il diritto di fare dei propri figli tutto ciò che vuole - e di evitare il dolore, per sé e per il bambino. Piuttosto la perversione, il maltrattamento, l'incertezza endemica. Tutto sembra meglio della sofferenza che sta dentro alla crisi e alla necessità di cambiare.
Il cinismo infantile dell'autrice che racconta scelte giudiziarie estreme, eppure ordinarie nelle aula dei tribunali per i minorenni, è uno sberleffo a questa logica e un modo per affermare una volta di più che i bambini e i ragazzi sono persone. Non proprietà, non appendici degli adulti ma persone, soggetti di diritto, nei cui panni occorre provare a mettersi e che è opportuno disporsi ad ascoltare in ogni singola e distinta decisione che riguardi da vicino la loro vita.
Le precedenti filastrocche