Gabriel Antonio Feroleto, due anni e mezzo, è morto strangolato il 17 aprile 2019 in una piccola località in provincia di Frosinone. È indagata la mamma come principale responsabile, e il padre per non averla fermata. Pare che il bimbo abbia fatto innervosire i genitori perché li aveva interrotti in un rapporto sessuale.
Non è stato un uomo nero
a portarti su nel cielo.
Non è stata la befana
con la sua sciarpa di lana
e nemmeno uno stregone
esagerando la lezione
o una maga sbarazzina
che ha sbagliato medicina.
Vorrei allora un gran sovrano
che ti culli nella mano
e una fata sorridente
che ti dica “Non è niente”.
E poi chiedo un cielo aperto
che fiorisca il tuo deserto
con la pioggia e con il sole
con il canto e le parole
e nel cielo una stellina
che ti accolga ogni mattina,
che ti stringa tra le braccia
e sia gioia, e non minaccia.
Chiedo coccole più vere
per calmarti, certe sere
e silenzi aperti e umani
senza strappi e senza mani
che ti chiudono la bocca
(è la mamma che mi tocca)
e impediscono il respiro
(è la mamma per cui vivo)
che dipingono la notte
(perché stringe così forte).
È un sipario ormai tirato
(e io resto senza fiato).
Le filastrocche giudiziarie
I tribunali per i minorenni prendono ogni giorno decisioni difficili. Scelte delicate, suscettibili certo di errore ma orientate ogni volta sulla valutazione dei rischi e dei danni che un minore patisce, molto spesso per mano degli adulti a lui più vicini vale a dire i suoi genitori e i familiari più stretti.
Negli ultimi anni una retorica mielosa e in bianco e nero ha raccontato storie dove i buoni erano ben distinti dai cattivi e dove la conclusione era invariabilmente una sola: i bambini e i ragazzi devono crescere con i loro genitori. Con loro, chiunque essi siano e comunque si comportino.
Ogni altro intervento, anche quando è temporaneo e di stimolo al cambiamento per giungere a relazioni familiari più serene, viene presentato come crudeltà, come ingiustizia. Avrebbe, ciascun genitore, il diritto di fare dei propri figli tutto ciò che vuole - e di evitare il dolore, per sé e per il bambino. Piuttosto la perversione, il maltrattamento, l'incertezza endemica. Tutto sembra meglio della sofferenza che sta dentro alla crisi e alla necessità di cambiare.
Il cinismo infantile dell'autrice che racconta scelte giudiziarie estreme, eppure ordinarie nelle aula dei tribunali per i minorenni, è uno sberleffo a questa logica e un modo per affermare una volta di più che i bambini e i ragazzi sono persone. Non proprietà, non appendici degli adulti ma persone, soggetti di diritto, nei cui panni occorre provare a mettersi e che è opportuno disporsi ad ascoltare in ogni singola e distinta decisione che riguardi da vicino la loro vita.
Le precedenti filastrocche