In provincia di Avellino, a Cardito, il 27 gennaio 2019 Giuseppe è stato ammazzato a botte, probabilmente dal compagno della madre, e non è chiaro il ruolo della mamma. Giuseppe aveva 6 anni. Altre botte sono toccate alla sorella di 7. Alla piccola di 4 anni non è successo niente. Niente…!?
C’era un bimbo, 7 anni
ora è morto e altri danni
han toccato le sorelle.
Botte sì, e non solo quelle.
La vergogna, la sciagura
poi lo strazio, la paura
e senz’altro il tradimento
che distrugge il sentimento
di fiducia nel futuro
e al suo posto mette un muro.
È la bimba che ha parlato
e qualcosa ci ha insegnato.
A smontare l’omertà
raccontando la realtà
sull’inferno che si è chiuso
con cui tanti hanno colluso.
C’era un bimbo, era Giuseppe.
La violenza si interrompe
dopo avere superato
ogni limite pensato.
C’era un bimbo e non c’è più.
Non lo digerisco, e tu?
Le filastrocche giudiziarie
I tribunali per i minorenni prendono ogni giorno decisioni difficili. Scelte delicate, suscettibili certo di errore ma orientate ogni volta sulla valutazione dei rischi e dei danni che un minore patisce, molto spesso per mano degli adulti a lui più vicini vale a dire i suoi genitori e i familiari più stretti.
Negli ultimi anni una retorica mielosa e in bianco e nero ha raccontato storie dove i buoni erano ben distinti dai cattivi e dove la conclusione era invariabilmente una sola: i bambini e i ragazzi devono crescere con i loro genitori. Con loro, chiunque essi siano e comunque si comportino.
Ogni altro intervento, anche quando è temporaneo e di stimolo al cambiamento per giungere a relazioni familiari più serene, viene presentato come crudeltà, come ingiustizia. Avrebbe, ciascun genitore, il diritto di fare dei propri figli tutto ciò che vuole - e di evitare il dolore, per sé e per il bambino. Piuttosto la perversione, il maltrattamento, l'incertezza endemica. Tutto sembra meglio della sofferenza che sta dentro alla crisi e alla necessità di cambiare.
Il cinismo infantile dell'autrice che racconta scelte giudiziarie estreme, eppure ordinarie nelle aula dei tribunali per i minorenni, è uno sberleffo a questa logica e un modo per affermare una volta di più che i bambini e i ragazzi sono persone. Non proprietà, non appendici degli adulti ma persone, soggetti di diritto, nei cui panni occorre provare a mettersi e che è opportuno disporsi ad ascoltare in ogni singola e distinta decisione che riguardi da vicino la loro vita.
Le precedenti filastrocche