Scontata la condanna per maltrattamenti in famiglia era convinto di avere chiuso i conti e disporre di tutti i diritti di un padre. È rimasto piuttosto sbalordito quando la bambina gli ha detto in faccia che non lo vuole più vedere. C’era invece un divieto di avvicinamento che lui ha infranto più volte, ed è ritornato dentro.
Sarò forse controverso
ma non sono un uomo perso.
Condannato già in passato?
Sì, ma il giudice ha sbagliato
E va beh, maltrattamenti…
Due spintoni, due lamenti.
Ero uscito di prigione
già pagata la pigione
ero pronto a ripartire
come ognuno può capire.
Aggiustavo la mia vita.
Dopo anni era finita
con il vino e con la droga
e ho ripreso con più foga.
Cerco quella meraviglia
di bambina che è mia figlia.
Lei mi ha detto: “Non ti voglio”.
È di certo un grande imbroglio!
È sua madre che diffama
paparino che la ama.
Io le sono corso dietro
noncurante del divieto
tante volte, a casa, a scuola…
Piangi? Papi ti consola!
Ecco, invece sto qui in gabbia
cucinando la mia rabbia.
Io violento? No davvero.
Le assicuro, son sincero.
Le filastrocche giudiziarie
I tribunali per i minorenni prendono ogni giorno decisioni difficili. Scelte delicate, suscettibili certo di errore ma orientate ogni volta sulla valutazione dei rischi e dei danni che un minore patisce, molto spesso per mano degli adulti a lui più vicini vale a dire i suoi genitori e i familiari più stretti.
Negli ultimi anni una retorica mielosa e in bianco e nero ha raccontato storie dove i buoni erano ben distinti dai cattivi e dove la conclusione era invariabilmente una sola: i bambini e i ragazzi devono crescere con i loro genitori. Con loro, chiunque essi siano e comunque si comportino.
Ogni altro intervento, anche quando è temporaneo e di stimolo al cambiamento per giungere a relazioni familiari più serene, viene presentato come crudeltà, come ingiustizia. Avrebbe, ciascun genitore, il diritto di fare dei propri figli tutto ciò che vuole - e di evitare il dolore, per sé e per il bambino. Piuttosto la perversione, il maltrattamento, l'incertezza endemica. Tutto sembra meglio della sofferenza che sta dentro alla crisi e alla necessità di cambiare.
Il cinismo infantile dell'autrice che racconta scelte giudiziarie estreme, eppure ordinarie nelle aula dei tribunali per i minorenni, è uno sberleffo a questa logica e un modo per affermare una volta di più che i bambini e i ragazzi sono persone. Non proprietà, non appendici degli adulti ma persone, soggetti di diritto, nei cui panni occorre provare a mettersi e che è opportuno disporsi ad ascoltare in ogni singola e distinta decisione che riguardi da vicino la loro vita.
Le precedenti filastrocche