Ho ascoltato tante crudeltà nei rapporti più stretti ma quelle contenute in questa filastrocca mi sono parse tra le più terribili. Perciò incomincio da qui a tratteggiare questo padre che è detenuto per molti reati, tra cui le violenze in famiglia, e rimpiange le due figlie, avute da donne diverse, con la ferrea convinzione della propria bontà.
Miagolava tutto il giorno
non volevo averlo intorno.
Disturbava, questo è il fatto.
Così ho strangolato il gatto.
Con un gusto ancor maggiore
proprio come un gran signore
metto in bocca il canarino
tiro il collo e oplà, un inchino
Però guardi, la bambina
mai sfiorata, perdindirindina!
Né la mamma, son sincero.
Crepi qui se non è vero.
Sa i bambini come fanno:
qualche strillo, qualche danno.
Senza botte e con ragione
io le ho dato una lezione
strangolandole il gattino
e strizzando il canarino.
Sono un padre, un uomo giusto!
Leggo chiaro il suo disgusto
ma io sono un uomo buono
e capace di perdono.
Non condanno il mio passato
l'ho, appunto, perdonato
vorrei lo facessi tu
(lo diceva anche Gesù)
fare il padre come tutti
alti e bassi, belli e brutti
senza giudici e assistenti
che distruggono le menti.
Rivedere le figliole
che ora crescono da sole
come ho detto alle due madri
con i toni più leggiadri.
Sì, le mamme, due donnacce.
No, che dice, io, minacce?
Le filastrocche giudiziarie
I tribunali per i minorenni prendono ogni giorno decisioni difficili. Scelte delicate, suscettibili certo di errore ma orientate ogni volta sulla valutazione dei rischi e dei danni che un minore patisce, molto spesso per mano degli adulti a lui più vicini vale a dire i suoi genitori e i familiari più stretti.
Negli ultimi anni una retorica mielosa e in bianco e nero ha raccontato storie dove i buoni erano ben distinti dai cattivi e dove la conclusione era invariabilmente una sola: i bambini e i ragazzi devono crescere con i loro genitori. Con loro, chiunque essi siano e comunque si comportino.
Ogni altro intervento, anche quando è temporaneo e di stimolo al cambiamento per giungere a relazioni familiari più serene, viene presentato come crudeltà, come ingiustizia. Avrebbe, ciascun genitore, il diritto di fare dei propri figli tutto ciò che vuole - e di evitare il dolore, per sé e per il bambino. Piuttosto la perversione, il maltrattamento, l'incertezza endemica. Tutto sembra meglio della sofferenza che sta dentro alla crisi e alla necessità di cambiare.
Il cinismo infantile dell'autrice che racconta scelte giudiziarie estreme, eppure ordinarie nelle aula dei tribunali per i minorenni, è uno sberleffo a questa logica e un modo per affermare una volta di più che i bambini e i ragazzi sono persone. Non proprietà, non appendici degli adulti ma persone, soggetti di diritto, nei cui panni occorre provare a mettersi e che è opportuno disporsi ad ascoltare in ogni singola e distinta decisione che riguardi da vicino la loro vita.
Le precedenti filastrocche