Io ve l’avevo detto, fatemi uscire fuori
sono stufa di stare con i miei genitori.
Sono stanca di papà con tutta la sua rabbia
che in nome del decoro mi tiene chiusa in gabbia
e stanca della mamma ottusa e baciapile
che chiama libertà un’ora d’aria in cortile.
Meno male ci sei tu, dicevo in fondo al cuore
il mio amico d’infanzia con cui giocavo al dottore
L’infanzia era la mia, tu invece eri un uomo
amico di papà vissuto come un dono
Portavi l’armonia e anche qualche regalino
facevi il baby-sitter dalla sera al mattino.
Poi un giorno, che sorpresa, anche senza la bilancia
mi accorgo che, ops, mi sta crescendo la pancia.
Ho chiesto di abortire e di farlo in segreto
non so se per paura o perché ho rotto il divieto
ma so che per i miei io sono una puttana
o almeno una che strappa e getta una vita umana
Ora cerco di capire tutto quello che è successo
Ancora mi confonde avere fatto sesso
quando ancora non avevo le forme di una donna
e in una piroetta giocavo a alzar la gonna.
Così ora mi taglio, tento di rubare
cerco modi alternativi per farmi del male
Dovrò pure punirmi, so che sono sbagliata
fosse anche soltanto lo sbaglio d’esser nata.
Per i miei una lumaca, una rogna, un bagaglio
è forse anche per questo che ho preso l’abbaglio.
e quando un uomo grande mi ha dato attenzione
a me è sembrata festa, gioia, rivoluzione.
Mi dicono che invece è stato un abuso
e temo che i miei abbiano colluso
Magari non volendo, magari innocenti
Non voglio ascoltarli, ora, i vostri commenti.
ma nemmeno tornare, se li incontro è per poco.
Non so fare buon viso a un così pessimo gioco.
Le filastrocche giudiziarie
I tribunali per i minorenni prendono ogni giorno decisioni difficili. Scelte delicate, suscettibili certo di errore ma orientate ogni volta sulla valutazione dei rischi e dei danni che un minore patisce, molto spesso per mano degli adulti a lui più vicini vale a dire i suoi genitori e i familiari più stretti.
Negli ultimi anni una retorica mielosa e in bianco e nero ha raccontato storie dove i buoni erano ben distinti dai cattivi e dove la conclusione era invariabilmente una sola: i bambini e i ragazzi devono crescere con i loro genitori. Con loro, chiunque essi siano e comunque si comportino.
Ogni altro intervento, anche quando è temporaneo e di stimolo al cambiamento per giungere a relazioni familiari più serene, viene presentato come crudeltà, come ingiustizia. Avrebbe, ciascun genitore, il diritto di fare dei propri figli tutto ciò che vuole - e di evitare il dolore, per sé e per il bambino. Piuttosto la perversione, il maltrattamento, l'incertezza endemica. Tutto sembra meglio della sofferenza che sta dentro alla crisi e alla necessità di cambiare.
Il cinismo infantile dell'autrice che racconta scelte giudiziarie estreme, eppure ordinarie nelle aula dei tribunali per i minorenni, è uno sberleffo a questa logica e un modo per affermare una volta di più che i bambini e i ragazzi sono persone. Non proprietà, non appendici degli adulti ma persone, soggetti di diritto, nei cui panni occorre provare a mettersi e che è opportuno disporsi ad ascoltare in ogni singola e distinta decisione che riguardi da vicino la loro vita.
Le precedenti filastrocche