La storia di "Papà di sole e papà di tempesta", la favola edita con la meridiana che sarà presto uno spettacolo per ragazzi con la compagnia del Teatro dell'Argine, ha tra gli elementi uno specchio magico che la maestra consegna al protagonista, Nico, con la raccomandazione di far specchiare il papà la prossima volta che lo vedrà furioso.
Ti consegno una magia
non ti devi spaventare.
Se mi presti la fantasia
te la vado a raccontare.
Questo specchio cosa vede?
Quel che vedono i tuoi occhi
e anche quello che precede
che intuisci ma non tocchi.
Se ne infischia dei divieti
coglie il frutto oltre la buccia.
Non ammette più segreti
specchia il cuore oltre alla faccia.
E se ognuno vuol mostrare
la facciata scintillante
nello specchio può incontrare
il suo lato imbarazzante.
Riconosce le emozioni
quello che ti frulla dentro
i pensieri belli e buoni
la tua rabbia, il tuo tormento.
Qualche volta sei invidioso
e per questo ti vergogni
o ti sembra spaventoso
far conoscere i tuoi sogni.
Beh, lo specchio vede tutto
non esprime alcun giudizio.
Mostra il bello insieme al brutto.
Sarà questo il suo servizio.
Specchio, specchio delle mie brame
che rifletti il dentro e il fuori
spiega il mondo e le sue trame
mostra a Nico i suoi genitori.
Le filastrocche giudiziarie
I tribunali per i minorenni prendono ogni giorno decisioni difficili. Scelte delicate, suscettibili certo di errore ma orientate ogni volta sulla valutazione dei rischi e dei danni che un minore patisce, molto spesso per mano degli adulti a lui più vicini vale a dire i suoi genitori e i familiari più stretti.
Negli ultimi anni una retorica mielosa e in bianco e nero ha raccontato storie dove i buoni erano ben distinti dai cattivi e dove la conclusione era invariabilmente una sola: i bambini e i ragazzi devono crescere con i loro genitori. Con loro, chiunque essi siano e comunque si comportino.
Ogni altro intervento, anche quando è temporaneo e di stimolo al cambiamento per giungere a relazioni familiari più serene, viene presentato come crudeltà, come ingiustizia. Avrebbe, ciascun genitore, il diritto di fare dei propri figli tutto ciò che vuole - e di evitare il dolore, per sé e per il bambino. Piuttosto la perversione, il maltrattamento, l'incertezza endemica. Tutto sembra meglio della sofferenza che sta dentro alla crisi e alla necessità di cambiare.
Il cinismo infantile dell'autrice che racconta scelte giudiziarie estreme, eppure ordinarie nelle aula dei tribunali per i minorenni, è uno sberleffo a questa logica e un modo per affermare una volta di più che i bambini e i ragazzi sono persone. Non proprietà, non appendici degli adulti ma persone, soggetti di diritto, nei cui panni occorre provare a mettersi e che è opportuno disporsi ad ascoltare in ogni singola e distinta decisione che riguardi da vicino la loro vita.
Le precedenti filastrocche