Vorrei rivolgere un pensiero agl’ispettori
del Ministero, con riconoscenza
perché ascoltare da dentro e da fuori
in una lunga, lunghissima udienza
avrà richiesto un supplemento di impegno
molta attenzione alle cose minute
e io seppur non conosco il disegno
né le lenti a voi appartenute
ho avuto almeno con voi, finalmente
un’occasione, una sede ufficiale
per dire i fatti che, inspiegabilmente,
ci sono stati e mi hanno fatto del male.
Li ho consegnati a mani che sconosco
non so neppure se li terranno con cura
o se vedranno qualcosa di losco
dove non c’è, e dalla loro statura
giudicheranno con molto sussiego
secondo leggi più che altro formali.
O coglieranno quel che io non nego:
persone grette, ottuse, banali.
Le filastrocche giudiziarie
I tribunali per i minorenni prendono ogni giorno decisioni difficili. Scelte delicate, suscettibili certo di errore ma orientate ogni volta sulla valutazione dei rischi e dei danni che un minore patisce, molto spesso per mano degli adulti a lui più vicini vale a dire i suoi genitori e i familiari più stretti.
Negli ultimi anni una retorica mielosa e in bianco e nero ha raccontato storie dove i buoni erano ben distinti dai cattivi e dove la conclusione era invariabilmente una sola: i bambini e i ragazzi devono crescere con i loro genitori. Con loro, chiunque essi siano e comunque si comportino.
Ogni altro intervento, anche quando è temporaneo e di stimolo al cambiamento per giungere a relazioni familiari più serene, viene presentato come crudeltà, come ingiustizia. Avrebbe, ciascun genitore, il diritto di fare dei propri figli tutto ciò che vuole - e di evitare il dolore, per sé e per il bambino. Piuttosto la perversione, il maltrattamento, l'incertezza endemica. Tutto sembra meglio della sofferenza che sta dentro alla crisi e alla necessità di cambiare.
Il cinismo infantile dell'autrice che racconta scelte giudiziarie estreme, eppure ordinarie nelle aula dei tribunali per i minorenni, è uno sberleffo a questa logica e un modo per affermare una volta di più che i bambini e i ragazzi sono persone. Non proprietà, non appendici degli adulti ma persone, soggetti di diritto, nei cui panni occorre provare a mettersi e che è opportuno disporsi ad ascoltare in ogni singola e distinta decisione che riguardi da vicino la loro vita.
Le precedenti filastrocche