In dicembre una bambina è stata rapita dal papà. La bimba ha telefonato alla mamma e la polizia è riuscita a rintracciarla facendo “il regalo più bello a questa madre”, così è stato detto. Ma il padre aveva un precedente: perché nessuno gli ha impedito di fare il bis?
Il papà l’ha ospitata
per i giorni di Natale
e poi l’ha espatriata.
Voleva farle del male?
Questo non lo so dire
se a lei o alla ex moglie.
Qualcuno deve patire
sottostare alle sue voglie.
È pure recidivo
l’aveva già fatto in passato
e mi chiedo, mentre scrivo,
perché non l’hanno evitato?
La prima volta, per anni
la bimba non si era trovata.
Non si contano i danni
su una figlia sradicata.
Ora la mamma parte
verso la Scandinavia.
Andrebbe anche su Marte
per rimediare l’ignavia.
Ho sentito qualche ministro
dire grazie alla polizia
ma io ancora non capisco
come ha potuto portarla via.
Un regalo alla mamma?
Non si può stare zitti.
Ci voleva una condanna.
Un bambino ha dei diritti!
Si dirà che è ritornata
- picco glicemico nazionalpopolare -
ma intanto la bimba è segnata
e si poteva evitare.
Conosciuti i precedenti
l’espatrio andava vietato.
Invoco giudici più attenti
con un genitore scriteriato.
Le filastrocche giudiziarie
I tribunali per i minorenni prendono ogni giorno decisioni difficili. Scelte delicate, suscettibili certo di errore ma orientate ogni volta sulla valutazione dei rischi e dei danni che un minore patisce, molto spesso per mano degli adulti a lui più vicini vale a dire i suoi genitori e i familiari più stretti.
Negli ultimi anni una retorica mielosa e in bianco e nero ha raccontato storie dove i buoni erano ben distinti dai cattivi e dove la conclusione era invariabilmente una sola: i bambini e i ragazzi devono crescere con i loro genitori. Con loro, chiunque essi siano e comunque si comportino.
Ogni altro intervento, anche quando è temporaneo e di stimolo al cambiamento per giungere a relazioni familiari più serene, viene presentato come crudeltà, come ingiustizia. Avrebbe, ciascun genitore, il diritto di fare dei propri figli tutto ciò che vuole - e di evitare il dolore, per sé e per il bambino. Piuttosto la perversione, il maltrattamento, l'incertezza endemica. Tutto sembra meglio della sofferenza che sta dentro alla crisi e alla necessità di cambiare.
Il cinismo infantile dell'autrice che racconta scelte giudiziarie estreme, eppure ordinarie nelle aula dei tribunali per i minorenni, è uno sberleffo a questa logica e un modo per affermare una volta di più che i bambini e i ragazzi sono persone. Non proprietà, non appendici degli adulti ma persone, soggetti di diritto, nei cui panni occorre provare a mettersi e che è opportuno disporsi ad ascoltare in ogni singola e distinta decisione che riguardi da vicino la loro vita.
Le precedenti filastrocche