per Liliana Segre, indegnamente, e con immensa gratitudine
Liliana Segre nel suo discorso dinanzi al Parlamento Europeo – celebrazione della Giornata della Memoria 2020 – ha confessato il dolore che le provoca dare testimonianza, sentirsi una nonna e anche, ancora, quella bambina. Ha concluso con un pensiero alla bambina di Terezin che nel campo disegnò il volo di una farfalla gialla oltre il filo spinato e lo ha consegnato ai suoi nipoti ideali: siate voi quella farfalla gialla.
Sono io una donna
Sono una bambina
Sono io la nonna
Sono la nipotina
Mi affatica infinitamente
ricordare il passato
pesa dolorosamente
tutto quello che è stato.
Se ancora lo racconto
non è per vanagloria
ma per saldare il conto
aperto con la storia.
Una storia che è la mia
non la posso ripudiare
ma è la nostra malattia
e ci può ancora infettare.
Forse non ritornerà
perché mai se n’è andata.
Sapete, la libertà
va ben presidiata.
Si accompagna la vita
ogni giorno si rinnova
è una siepe fiorita
è accettare la prova.
Si conficcano le spine
dentro al cuore. Lui traballa
ma poi vola oltre il confine
come una farfalla gialla.
Le filastrocche giudiziarie
I tribunali per i minorenni prendono ogni giorno decisioni difficili. Scelte delicate, suscettibili certo di errore ma orientate ogni volta sulla valutazione dei rischi e dei danni che un minore patisce, molto spesso per mano degli adulti a lui più vicini vale a dire i suoi genitori e i familiari più stretti.
Negli ultimi anni una retorica mielosa e in bianco e nero ha raccontato storie dove i buoni erano ben distinti dai cattivi e dove la conclusione era invariabilmente una sola: i bambini e i ragazzi devono crescere con i loro genitori. Con loro, chiunque essi siano e comunque si comportino.
Ogni altro intervento, anche quando è temporaneo e di stimolo al cambiamento per giungere a relazioni familiari più serene, viene presentato come crudeltà, come ingiustizia. Avrebbe, ciascun genitore, il diritto di fare dei propri figli tutto ciò che vuole - e di evitare il dolore, per sé e per il bambino. Piuttosto la perversione, il maltrattamento, l'incertezza endemica. Tutto sembra meglio della sofferenza che sta dentro alla crisi e alla necessità di cambiare.
Il cinismo infantile dell'autrice che racconta scelte giudiziarie estreme, eppure ordinarie nelle aula dei tribunali per i minorenni, è uno sberleffo a questa logica e un modo per affermare una volta di più che i bambini e i ragazzi sono persone. Non proprietà, non appendici degli adulti ma persone, soggetti di diritto, nei cui panni occorre provare a mettersi e che è opportuno disporsi ad ascoltare in ogni singola e distinta decisione che riguardi da vicino la loro vita.
Le precedenti filastrocche