Questa filastrocca è per festeggiare e per ringraziare L’Espresso, che il 9 febbraio 2020 ha pubblicato un’indagine sugli affidi in Val d’Enza incominciando a raccontare una verità diversa da quella propinata dai media in questi mesi.
Ha appena fatto una fermata a Bibbiano
in un viaggio che può arrivare lontano
in un tragitto che ancora ci aspetta
per acquisire una visione corretta.
Saliamo insieme su questo treno Espresso
che vede tutto in un modo diverso
che si ricorda di quella ragazzina
portata in salvo prima della rovina.
E voi, salite con i vostri bagagli
i vostri dubbi, le contese, gli abbagli
portate pure qualche vostro magone
qualche residuo di indigestione.
Il treno Espresso ha segnato un traguardo
dicendo quello che per altri è un azzardo
documentato e finalmente divergente
anziché prendere in giro la gente.
Certo, è innegabile che non basta ancora
come non basta, a fare il giorno, l’aurora
serve un processo di riflessione profonda
almeno adesso, che si ritira l’onda.
Sappiamo bene che non è una buona idea
schiacciare tutti con la stessa nomea
di delinquenti, irresponsabili, imbroglioni
laggiù i cattivi e di qua tutti buoni.
Chiudere in fretta una questione spinosa
non è davvero una gran bella cosa
e per formare la pubblica opinione
non si urla e basta, si fa informazione.
Le filastrocche giudiziarie
I tribunali per i minorenni prendono ogni giorno decisioni difficili. Scelte delicate, suscettibili certo di errore ma orientate ogni volta sulla valutazione dei rischi e dei danni che un minore patisce, molto spesso per mano degli adulti a lui più vicini vale a dire i suoi genitori e i familiari più stretti.
Negli ultimi anni una retorica mielosa e in bianco e nero ha raccontato storie dove i buoni erano ben distinti dai cattivi e dove la conclusione era invariabilmente una sola: i bambini e i ragazzi devono crescere con i loro genitori. Con loro, chiunque essi siano e comunque si comportino.
Ogni altro intervento, anche quando è temporaneo e di stimolo al cambiamento per giungere a relazioni familiari più serene, viene presentato come crudeltà, come ingiustizia. Avrebbe, ciascun genitore, il diritto di fare dei propri figli tutto ciò che vuole - e di evitare il dolore, per sé e per il bambino. Piuttosto la perversione, il maltrattamento, l'incertezza endemica. Tutto sembra meglio della sofferenza che sta dentro alla crisi e alla necessità di cambiare.
Il cinismo infantile dell'autrice che racconta scelte giudiziarie estreme, eppure ordinarie nelle aula dei tribunali per i minorenni, è uno sberleffo a questa logica e un modo per affermare una volta di più che i bambini e i ragazzi sono persone. Non proprietà, non appendici degli adulti ma persone, soggetti di diritto, nei cui panni occorre provare a mettersi e che è opportuno disporsi ad ascoltare in ogni singola e distinta decisione che riguardi da vicino la loro vita.
Le precedenti filastrocche