Allontanamenti zero
vale a dire io non c’ero.
Forse c’ero ma dormivo
se ero sveglio non capivo.
Non udivo, soprattutto,
il bambino che è nel lutto.
Dove è andata la mia mamma?
È per lui, la condanna.
Non sapevo del neonato
ch’era stato abbandonato.
L’altro in crisi d’astinenza
dalla droga, ora che è senza.
Dici, i lividi sul corpo?
Io non me ne sono accorto.
Ma si sa, uno scapaccione
spiega meglio la lezione.
Questa bimba smaliziata
che sia stata molestata?
Noooo…
Ha tre anni ma è lo stesso,
son precoci con il sesso.
Hai nel cane un buon amico
ma un bambino è assai più fico.
La pipì può farla in casa
ogni volta che gli aggrada.
Certo, a volte non dà pace
ride, piange, non si tace.
Ma tu fallo stare zitto.
Dopotutto è un tuo diritto.
Le filastrocche giudiziarie
I tribunali per i minorenni prendono ogni giorno decisioni difficili. Scelte delicate, suscettibili certo di errore ma orientate ogni volta sulla valutazione dei rischi e dei danni che un minore patisce, molto spesso per mano degli adulti a lui più vicini vale a dire i suoi genitori e i familiari più stretti.
Negli ultimi anni una retorica mielosa e in bianco e nero ha raccontato storie dove i buoni erano ben distinti dai cattivi e dove la conclusione era invariabilmente una sola: i bambini e i ragazzi devono crescere con i loro genitori. Con loro, chiunque essi siano e comunque si comportino.
Ogni altro intervento, anche quando è temporaneo e di stimolo al cambiamento per giungere a relazioni familiari più serene, viene presentato come crudeltà, come ingiustizia. Avrebbe, ciascun genitore, il diritto di fare dei propri figli tutto ciò che vuole - e di evitare il dolore, per sé e per il bambino. Piuttosto la perversione, il maltrattamento, l'incertezza endemica. Tutto sembra meglio della sofferenza che sta dentro alla crisi e alla necessità di cambiare.
Il cinismo infantile dell'autrice che racconta scelte giudiziarie estreme, eppure ordinarie nelle aula dei tribunali per i minorenni, è uno sberleffo a questa logica e un modo per affermare una volta di più che i bambini e i ragazzi sono persone. Non proprietà, non appendici degli adulti ma persone, soggetti di diritto, nei cui panni occorre provare a mettersi e che è opportuno disporsi ad ascoltare in ogni singola e distinta decisione che riguardi da vicino la loro vita.
Le precedenti filastrocche