Filastrocca vien di notte
sono un sacco pien di botte
filastrocca vien di giorno
apro gli occhi e guardo intorno
non mi sembra casa mia
c’è una grande ipocrisia.
La mia casa è assai piccina
penso, con voce bambina.
Non ho il tetto sulla testa
non mi sento di far festa
non ho frutta da mangiare
non ho voglia di viaggiare
non ho spazio sul divano
mi rannicchio piano piano
è insicuro il pavimento
giro a vuoto e mi tormento.
Ci vorrebbe, boh, qualcosa
forse un petalo di rosa
ci vorrebbe un organetto.
Oggi poi cosa mi metto?
La mia veste più essenziale
non si veda che sto male
quella meno appariscente
tanto niente serve a niente
ma qualcuno non zittisce.
No, non dice, ma tossisce.
Mugolava, ora balbetta.
C’è qualcosa che mi aspetta.
Una che vuole parlare
non mi lascia accontentare.
Come dire non lo so.
Presto lo comprenderò.
Le filastrocche giudiziarie
I tribunali per i minorenni prendono ogni giorno decisioni difficili. Scelte delicate, suscettibili certo di errore ma orientate ogni volta sulla valutazione dei rischi e dei danni che un minore patisce, molto spesso per mano degli adulti a lui più vicini vale a dire i suoi genitori e i familiari più stretti.
Negli ultimi anni una retorica mielosa e in bianco e nero ha raccontato storie dove i buoni erano ben distinti dai cattivi e dove la conclusione era invariabilmente una sola: i bambini e i ragazzi devono crescere con i loro genitori. Con loro, chiunque essi siano e comunque si comportino.
Ogni altro intervento, anche quando è temporaneo e di stimolo al cambiamento per giungere a relazioni familiari più serene, viene presentato come crudeltà, come ingiustizia. Avrebbe, ciascun genitore, il diritto di fare dei propri figli tutto ciò che vuole - e di evitare il dolore, per sé e per il bambino. Piuttosto la perversione, il maltrattamento, l'incertezza endemica. Tutto sembra meglio della sofferenza che sta dentro alla crisi e alla necessità di cambiare.
Il cinismo infantile dell'autrice che racconta scelte giudiziarie estreme, eppure ordinarie nelle aula dei tribunali per i minorenni, è uno sberleffo a questa logica e un modo per affermare una volta di più che i bambini e i ragazzi sono persone. Non proprietà, non appendici degli adulti ma persone, soggetti di diritto, nei cui panni occorre provare a mettersi e che è opportuno disporsi ad ascoltare in ogni singola e distinta decisione che riguardi da vicino la loro vita.
Le precedenti filastrocche