Il 27 febbraio 2020 un neonato è stato abbandonato in culla alla stazione di Roma. La mamma è salita su un treno con la figlia di 5 anni e ha cercato di raggiungere la Germania. È stata identificata grazie alle telecamere e rintracciata dalle forze dell’ordine, ora è in carcere per abbandono di minore. I due bambini sono stati accolti.
Sono solo la tua culla
e non posso fare nulla
se una mano non mi spinge
se nessuno mi raggiunge.
Siamo stretti nella folla
e nessuno che controlla.
Tu hai solo 7 mesi
siamo entrambi molto tesi.
Ora piangi, viene sera
e la mamma è una chimera.
Io ti scaldo, ti trattengo
ma non posso fare tanto.
Non conosco canzoncine
ho soltanto lana e trine.
Non so come darti il seno
ma se c’è un arcobaleno
piano piano mi concentro
e mi giro, così. Attento.
Se la luce ora ti inonda
se ti vede quella bionda
che in divisa si è girata
la preghiera si è avverata.
Le filastrocche giudiziarie
I tribunali per i minorenni prendono ogni giorno decisioni difficili. Scelte delicate, suscettibili certo di errore ma orientate ogni volta sulla valutazione dei rischi e dei danni che un minore patisce, molto spesso per mano degli adulti a lui più vicini vale a dire i suoi genitori e i familiari più stretti.
Negli ultimi anni una retorica mielosa e in bianco e nero ha raccontato storie dove i buoni erano ben distinti dai cattivi e dove la conclusione era invariabilmente una sola: i bambini e i ragazzi devono crescere con i loro genitori. Con loro, chiunque essi siano e comunque si comportino.
Ogni altro intervento, anche quando è temporaneo e di stimolo al cambiamento per giungere a relazioni familiari più serene, viene presentato come crudeltà, come ingiustizia. Avrebbe, ciascun genitore, il diritto di fare dei propri figli tutto ciò che vuole - e di evitare il dolore, per sé e per il bambino. Piuttosto la perversione, il maltrattamento, l'incertezza endemica. Tutto sembra meglio della sofferenza che sta dentro alla crisi e alla necessità di cambiare.
Il cinismo infantile dell'autrice che racconta scelte giudiziarie estreme, eppure ordinarie nelle aula dei tribunali per i minorenni, è uno sberleffo a questa logica e un modo per affermare una volta di più che i bambini e i ragazzi sono persone. Non proprietà, non appendici degli adulti ma persone, soggetti di diritto, nei cui panni occorre provare a mettersi e che è opportuno disporsi ad ascoltare in ogni singola e distinta decisione che riguardi da vicino la loro vita.
Le precedenti filastrocche