Sfortunata ragazzina
hai un bambino e una bambina
nessun uomo ti sta accanto
per il riso e per il pianto
forse sei senza famiglia
e non c’è chi ti assomiglia
tra chi si prendeva cura
di voi tre, nella struttura.
Così uno l’hai lasciato
in stazione, abbandonato
tra la gente, tra gli sguardi
appuntati sui ritardi.
Tutti attenti al tabellone
com’è strana una canzone
quando ha il ritmo di un vagito.
Chissà tu se c’hai dormito
quando ancora progettavi
la tua fuga, e immaginavi
di lasciare il tuo bambino
tra le braccia del destino
mentre accanto la sorella
sta a guardare e non ti molla
ti strattona e poi protesta:
“Mamma, ma che cos’hai in testa?”
Tutto è grande e spaventoso.
L’atrio qui è assai spazioso
e contiene sconosciuti
alti, bassi, sordi e muti.
Ci può essere un pirata
una pazza scatenata
o uno che controcorrente
sbatte contro e non lo sente!
C’è, sicuro, un mio ex collega
-dico giudice, non strega-
che arrivati a questo punto
senza un rigo di commento
ha una sola prospettiva:
quella di chi non partiva
un bambino abbandonato
che strillava tutto il fiato.
Le Filastrocche del bimbo abbandonato
Il 27 febbraio 2020 un neonato è stato abbandonato in culla alla stazione di Roma. La mamma è salita su un treno con la figlia di 5 anni e ha cercato di raggiungere la Germania. È stata identificata grazie alle telecamere e rintracciata dalle forze dell’ordine, ora è in carcere per abbandono di minore. I due bambini sono stati accolti.
Le precedenti
Filastrocca della sorella maggiore
Le filastrocche giudiziarie
I tribunali per i minorenni prendono ogni giorno decisioni difficili. Scelte delicate, suscettibili certo di errore ma orientate ogni volta sulla valutazione dei rischi e dei danni che un minore patisce, molto spesso per mano degli adulti a lui più vicini vale a dire i suoi genitori e i familiari più stretti.
Negli ultimi anni una retorica mielosa e in bianco e nero ha raccontato storie dove i buoni erano ben distinti dai cattivi e dove la conclusione era invariabilmente una sola: i bambini e i ragazzi devono crescere con i loro genitori. Con loro, chiunque essi siano e comunque si comportino.
Ogni altro intervento, anche quando è temporaneo e di stimolo al cambiamento per giungere a relazioni familiari più serene, viene presentato come crudeltà, come ingiustizia. Avrebbe, ciascun genitore, il diritto di fare dei propri figli tutto ciò che vuole - e di evitare il dolore, per sé e per il bambino. Piuttosto la perversione, il maltrattamento, l'incertezza endemica. Tutto sembra meglio della sofferenza che sta dentro alla crisi e alla necessità di cambiare.
Il cinismo infantile dell'autrice che racconta scelte giudiziarie estreme, eppure ordinarie nelle aula dei tribunali per i minorenni, è uno sberleffo a questa logica e un modo per affermare una volta di più che i bambini e i ragazzi sono persone. Non proprietà, non appendici degli adulti ma persone, soggetti di diritto, nei cui panni occorre provare a mettersi e che è opportuno disporsi ad ascoltare in ogni singola e distinta decisione che riguardi da vicino la loro vita.
Le precedenti filastrocche