Qui sui Lidi un ragazzino
ha schiacciato un pulcino.
Ti sarai sentito forte
mentre lo colpivi a morte?
L’hai ammazzato a ciabattate
poche o tante son bastate
per sancire la distanza
dai tremori dell’infanzia.
Disconoscere in te stesso
l’innocenza è un bel progresso
fa di te un candidato
alla chat che un magistrato
ha scovato, è una follia,
non solo pornografia.
Minorenni gli aguzzini
che tormentano i bambini
fino alle mutilazioni
e non mancano lesioni
comandate dai clienti
giovanissimi e paganti.
Se gli staccano una gamba
non sarà un pezzo di gomma
semmai ossa, nervi, sangue
e qui sgorgano domande.
Vuoi decidere la morte?
Sarà un’emozione forte.
Certo, il prezzo è un po’ più alto
ma sarai più soddisfatto.
Non t’importa se chi muore
non è certo un grande attore
ma un bambino in carne e ossa.
Mi disturba che tu possa
non sentirti nei suoi panni
e non calcolare i danni
per la loro libertà
e la tua dignità.
Tutto è troppo ributtante
e tu sei troppo distante
da ciò che io sento umano.
Non so tenderti la mano.
O, per me, non riconosco
nel disegno qual è un posto
da abitare. Guardo attorno.
Tutto sembra così assurdo.
Due le notizie a cui si fa riferimento. La prima riguarda un pulcino di fratino, specie protetta perché in via di estinzione, ucciso a ciabattate da un bambino al Lido di Spina, in provincia di Ferrara. L’altra è su due 17enni che ordinavano sevizie a pagamento in una chat degli orrori. L’indagine della Procura Minorile di Firenze ha svelato un vero e proprio sistema in cui i clienti decidevano sulle torture, gli abusi, le mutilazioni ed anche la morte di bambini asserviti dall’altra parte del mondo.
Le filastrocche giudiziarie
I tribunali per i minorenni prendono ogni giorno decisioni difficili. Scelte delicate, suscettibili certo di errore ma orientate ogni volta sulla valutazione dei rischi e dei danni che un minore patisce, molto spesso per mano degli adulti a lui più vicini vale a dire i suoi genitori e i familiari più stretti.
Negli ultimi anni una retorica mielosa e in bianco e nero ha raccontato storie dove i buoni erano ben distinti dai cattivi e dove la conclusione era invariabilmente una sola: i bambini e i ragazzi devono crescere con i loro genitori. Con loro, chiunque essi siano e comunque si comportino.
Ogni altro intervento, anche quando è temporaneo e di stimolo al cambiamento per giungere a relazioni familiari più serene, viene presentato come crudeltà, come ingiustizia. Avrebbe, ciascun genitore, il diritto di fare dei propri figli tutto ciò che vuole - e di evitare il dolore, per sé e per il bambino. Piuttosto la perversione, il maltrattamento, l'incertezza endemica. Tutto sembra meglio della sofferenza che sta dentro alla crisi e alla necessità di cambiare.
Il cinismo infantile dell'autrice che racconta scelte giudiziarie estreme, eppure ordinarie nelle aula dei tribunali per i minorenni, è uno sberleffo a questa logica e un modo per affermare una volta di più che i bambini e i ragazzi sono persone. Non proprietà, non appendici degli adulti ma persone, soggetti di diritto, nei cui panni occorre provare a mettersi e che è opportuno disporsi ad ascoltare in ogni singola e distinta decisione che riguardi da vicino la loro vita.
Le precedenti filastrocche